In fatto ed in diritto: i rimedi a tutela del primo acquirente nelle ipotesi di doppia vendita immobiliare.
Il Caso:
Con atto pubblico, in 10 dicembre 2016, Tizio acquista da Caio la proprietà dell’immobile Alfa e, contestualmente, paga il corrispettivo di €. 100.000,00.
L’acquisto viene trascritto dal Notaio il successivo 10 gennaio 2017.
Trascorsi due mesi dalla stipula senza che gli siano state consegnate le chiavi dell’immobile, Tizio invita Caio ad immetterlo nel possesso del bene.
Visto il rifiuto del venditore, Tizio si reca presso l’immobile per verificare se esso sia libero e, con sua sorpresa, scopre che lo stesso sia occupato da Caia che afferma di esserne la proprietaria.
Eseguite le opportune verifiche, Tizio scopre che, con atto pubblico del 2 gennaio 2017, trascritto lo stesso giorno, l’immobile sia stato effettivamente venduto a Caia per un corrispettivo di pari importo a quello da lui pagato.
Tizio viene altresì a sapere che Caia, da oltre dieci anni, sia la compagna di Caio e che questo versi in condizioni economiche disastrose a causa di una serie di scellerate scelte imprenditoriali.
Preoccupato per quanto accaduto, anche considerato che Caio risulta essere nullatenente, Tizio si rivolge allo scrivente per verificare se possa esperire delle azioni a tutela del suo diritto di proprietà o, in alternativa, se vanti un credito verso il venditore e in quale modo possa garantirsi la sua soddisfazione.
Parere pro veritatae:
Allo scrivente si chiede di individuare i rimedi che l’ordinamento giuridico pone da un lato a tutela del diritto di proprietà dell’acquirente il quale viene anticipato nella trascrizione del rogito di compravendita da terzo soggetto che ha acquistato il medesimo immobile dallo stesso venditore, in data successiva; dall’altro i rimedi a tutela del diritto di credito del proprietario acquirente che in seguito alla stipulazione del rogito ed al pagamento del corrispettivo non è stato immesso, dal venditore, nel possesso del bene oggetto della compravendita.
Occorrerà stabilire altresì se sono rinvenibili profili di responsabilità civile in capo al venditore ed al terzo acquirente, e, correlativamente, individuare gli strumenti a tutela dell’eventuale pretesa risarcitoria.
Riferisce Tizio di aver acquistato, versando il corrispettivo di €. 100.000, da Caio, un immobile sito in Milano, con atto compravendita del 10 dicembre 2016, redatto nella forma solenne, con successiva trascrizione, a cura del notaio rogante, del 10 gennaio 2017.
In ragione del ritardo nella consegna del bene da parte di Caio, dopo circa due mesi dalla stipulazione del contratto, Tizio, previa costituzione in mora, si recava presso l’immobile in oggetto, ove acquisiva contezza del fatto che lo stesso era occupato da terzo soggetto, Caia, la quale affermava di esserne proprietaria.
Da successivo controllo presso i pubblici registri emergeva, in effetti, che Caia aveva acquisito la proprietà del predetto immobile sito in Milano in data 2 gennaio 2017, con rogito notarile trascritto il medesimo giorno.
Da successivi accertamenti personali emergeva, inoltre, che Caio versava in una grave situazione di difficoltà economica causa da scelte imprenditoriali scellerate e che intratteneva con Caia una relazione affettiva da almeno tre anni.
Preliminarmente si rende necessaria una breve trattazione degli istituti sottesi alle questione prospettata il cui fulcro è costituito dal conflitto tra acquisti a titolo derivativo.
Come è noto nel nostro ordinamento civilistico il trasferimento della proprietà e di altri diritti reali di godimento, nonché la costituzione di ius in re aliena, sono soggetti al principio consensualistico (ex art. 1376
cod. civ.) in virtù del quale l’effetto traslativo o costitutivo si produce per effetto del consenso validamente prestato.
Si tratta di un principio tacciato di soluzione di continuità con la tradizione romanistica ove la traditio, e cioè la consegna materiale della res, era requisito costitutivo della compravendita.
L’innesto del principio consensualistico nel trasferimento dei diritti reali ha come precipua conseguenza quella di rendere necessaria la previsione di un meccanismo di conoscibilità dell’atto di trasferimento ai terzi, in quanto elemento postulante la certezza del diritto, principio superiore dell’ordinamento giuridico.
Nel nostro ordinamento civile la conoscibilità dei fatti giuridici ai terzi è realizzata attraverso il meccanismo della pubblicità.
Il sistema di pubblicità si articola nelle tre forme della pubblicità notizia, destinata alla mera conoscibilità di fatti giuridici; della pubblicità dichiarativa, finalizzata all’opponibilità del fatto o atto giuridico ad i terzi; della pubblicità costitutiva, condizione di esistenza stessa dell’atto.
La pubblicità dichiarativa è la forma di pubblicità rilevante nel caso che ci occupa atteso che è condizione di validità dell’atto di compravendita la forma scritta, ma non la trascrizione nei pubblici registri, la quale è necessaria ai soli fini dell’opponibilità dell’atto ai terzi.
La trascrizione, quale forma di pubblicità dichiarativa, è strumento deputato alla soluzione dei conflitti insorti tra acquisti a titolo derivativo.
La disposizione che viene in rilevo, a tal riguardo, è l’art. 2644 cod. civ., in virtù del quale la trascrizione non produce effetti (rectius l’atto non è opponibile) nei confronti di chi abbia trascritto a qualunque titolo altro diritto sul medesimo bene in data anteriore.
Correlativamente, così recita il comma 2° dell’art. 2644 cit., nessuno può opporre all’acquirente il proprio titolo derivativo d’acquisto che, ancorché acquisito in data anteriore, è stato trascritto successivamente.
In relazione alla cd. doppia alienazione immobiliare, e cioè quella situazione caratterizzata, al pari di quella esaminanda, dalla doppia alienazione dello stesso bene immobile, da parte del medesimo venditore, in tempi successivi, si pone il problema di stabile quale sia la natura dell’acquisto del titolo da parte del secondo acquirente atteso che, in virtù del principio nemo plus iuris transferre potest quam ips habet, il soggetto che aliena la seconda volta l’immobile, avendo precedentemente manifestato il consenso al trasferimento della proprietà, nel momento della stipula il secondo atto non è più proprietario del bene immobile in oggetto.
In dottrina si registrano due diverse impostazioni. Secondo taluni il secondo acquirente acquisterebbe la proprietà a titolo originario in ragione di un atto complesso costituito dal trasferimento a non domino e dalla trascrizione dell’atto di trasferimento.
Per converso, l’impostazione maggioritaria risolve la questione giuridica sulla scorta di una fictio iuris tale per cui la trascrizione opera come condizione risolutiva legale del primo atto di trasferimento immobiliare, con la conseguenza che il secondo acquirente acquista la proprietà con titolo di acquisto derivativo a domino.
Quanto agli effetti del primo atto di trasferimento, la soluzione elaborata dalla dottrina maggioritaria che ha optato per la cd. inefficacia relativa, è compatibilmente con i rimedi che la giurisprudenza ha ritenuto esperibili a tutela degli interessi del primo acquirente.
Preliminarmente si dà atto che, nel caso sottoposto alla mia attenzione, la questione relativa alla titolarità del diritto di proprietà dell’immobile sito in Milano, oggetto della doppia alienazione, va risolto in favore di Caia in virtù del principio di cui all’art. 2644, co. 1 e 2 cod. civ., con la conseguenza che Tizio non ha a disposizione alcuna azione a tutela del proprio diritto di proprietà.
Diversamente, come osservato anche dalla giurisprudenza, la situazione del primo acquirente dell’immobile soggetto a doppia alienazione, nei casi in di preventiva trascrizione del secondo acquirente, è fonte di responsabilità civile di tipo contrattuale, con riferimento all’alienante, e di tipo extracontrattuale nei confronti del secondo acquirente che ha, dolosamente o colposamente, trascritto il secondo atto di trasferimento immobiliare.
In particolare la responsabilità contrattuale di Caio rileva sotto il profilo dell’inadempimento all’obbligo di effettuare la consegna materiale dell’immobile alienato, con la conseguenza che Tizio potrà esperire avverso Caio, l’azione di risoluzione per inadempimento ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., ottenendo il corrispettivo prestato, chiedendo il risarcimento dei danni che si pongano i correlazione giuridica con la mancata traditio (cfr. Cass. Civ., sent. 18 agosto 1990, n. 8403)
In secondo luogo Tizio potrebbe promuovere, sempre avverso Caio, un’azione di risarcimento del danno fondata sulla violazione della buona fede nella fase di esecuzione del contratto, per violazione dell'obbligo di astenersi da ogni comportamento che renda inefficace il primo trasferimento del diritto di proprietà (in questo senso Cass. Civ., sent. 2 febbraio 2000, n. 1131).
Del danno recato a Tizio in ragione della seconda alienazione immobiliare, come si è anticipato, ne risponderà solidalmente anche Caia, sotto il profilo della responsabilità aquiliana, qualora si raggiunga prova della dolosa compartecipazione del secondo acquirente alla frode in danno del primo; ovvero la prova della compartecipazione colposa all’inadempimento del venditore nei confronti del primo acquirente; opzione, quest’ultima, che postulerebbe la prova della conoscenza da parte del secondo acquirente della precedente alienazione dell’immobile.
La giurisprudenza, inoltre, ammette pacificamente il ricorso all’azione revocatoria ordinaria, con riferimento alla tutela della pretesa risarcitoria di Tizio.
Il presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria è individuato dalla Suprema Corte nella circostanza che la seconda alienazione immobiliare, unitamente alla trascrizione ad opera del secondo acquirente, determini un evidente pregiudizio per la pretesa creditoria del primo acquirente.
La struttura dell’azione revocatoria a tutela della pretesa risarcito è differente a seconda che l’atto impugnato sia a titolo gratuito, occorrendo la prove della conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato alla pretesa creditoria unitamente alla prova, nei casi di atti anteriori al sorgere della pretesa, della preordinazione dell’atto al pregiudizio delle ragioni creditorie ( ex art. 2901, co. 1, n. 1 cod. civ.).
Di contro, nel caso in cui l’atto revocando sia a titolo oneroso, occorrerà la prova della conoscenza da parte del terzo del pregiudizio conseguente all’atto, e cioè la prova della condotta colposa del terzo, ovvero la prova, più rigorosa, della partecipazione al concerto fraudolento realizzato in danno del creditore, qualora l’atto revocando oneroso sia antecedente al sorgere della pretesa creditoria ( ex art. 2901, co. 1, n. 2 cod. civ.)
In conclusione, nel caso che ci occupa, la condotta posta in essere da Caio, integrata dalla seconda alienazione dell’immobile sito in Milano, ha determinato una situazione di inadempimento definitivo, attesa l’intervenuta trascrizione della seconda vendita, in data precedente alla prima, legittimando Caio all’esperimento del rimedio previsto all’art. 1453, co. 1 cod. civ..
La condotta di Caio appare resa, inoltre, in violazione della buona fede nella fase di esecuzione del contratto, sotto il profilo del divieto al compimento di atti che pregiudichino l’interesse della controparte contrattuale, ponendosi quale prodromo di danno risarcibile.
Della pretesa risarcitoria, nel caso di specie, potrebbe essere chiamata a risponderne, in via solidale, anche Caia, in quanto la circostanza riferita della sussistenza di una relazione affettiva tra quest’ultima e Caio rende improbabile che la stessa non fosse a conoscenza della precedente vendita.
In ragione dello stato di difficoltà economiche in cui versa Tizio, ragioni di cautela impongo di valutare l’esperimento del rimedio dell’azione revocatoria.
Trattandosi di contratto a titolo oneroso stipulato precedentemente al sorgere della pretesa creditoria, sarà necessario acquisire elementi in ordine alla partecipazione dolosa del terzo acquirente, Caia, al compimento dell’atto in danno di Tizio.
dott. Salvatore Tartaro