In fatto ed in diritto: un caso pratico. La tutela della proprietà fondiaria e del diritto al sereno godimento della dimora da immissioni sonore intollerabili.

 

Il caso:

Il sig. Tizio abita in una zona limitrofa all'autodromo Alfa, comprendente abitazioni, alberghi, scuole e addirittura un ospedale psichiatrico. In tale autodromo, in vista di una competizione sportiva, si effettuano prove di vetture di formula uno incontrollate quanto a periodi di tempo e intensità di rumori prodotti avvertibili in modo intollerabile fino a centinaia di metri di distanza e svolte senza la predisposizione di alcun rimedio atto a limitare l'inquinamento acustico.

Tizio, stanco dei continui rumori molesti provenienti dall’autodromo si reca da un legale al quale chiede parere motivato sulla questione per vedere tutelate le sue ragioni.

Il candidato, assunte le vesti del legale di Caio, premessi brevi cenni in tema di immissioni, rediga parere motivato.

 

Parere pro veritatae:

La soluzione del questione posta all’attenzione dello scrivente legale necessita della preliminare disamina dell’istituto delle immissioni di cui all’art. 844 cod. civ., e degli strumenti di tutela giudiziale ammessi avverso tali comportamenti illeciti o illegittimi, alla stregua dei parametri della predetta norma.

E’ opinione diffusa in letteratura che l’istituto delle immissioni introduca un limite all’esercizio dei poteri di signoria sulla proprietà fondiaria, ulteriore a quello intrinseco al dettato di cui all’art. 840 cod. civ., il quale expressis verbis stabilisce che “la proprietà del suolo si estende al sottosuolo con tutto ciò che vi si contiene”, nonché nello spazio sovrastante ad esso.

L’istituto delle immissioni si porrebbe, quindi, in rapporto di contiguità con il vigente prospetto ermeneutico in tema di poteri di esclusione del proprietario, che vuole la compressione del diritto di escludere l’ingerenza di terzi nel pieno godimento della res sulla scorta del criterio dell’utilità, nel senso che, il potere di escludere la altrui attività termina laddove la profondità o l’altezza rispetto al fondo siano tali da determinare la mancanza di interesse ad escludere.

In tal senso l’art. 844 cod. civ. nel prevedere che il proprietario non possa impedire “le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni provenienti dal fondo del vicino che non superino la normale tollerabilità, avuto anche alla condizione dei luoghi” introduce un limite ulteriore all’esercizio dei poteri di esclusione connessi alla proprietà fondiaria, e cioè il divieto del terzo di azionare i cd. poteri di esclusione laddove le emissioni di agenti chimici o fisici provenienti dal fondo finitimo non rechino un vulnus intollerabile ai diritti della proprietà fondiaria dello stesso.

In vero la disciplina privatistica delle immissioni deve essere interpretata tenendo conto delle discipline settoriali a contenuto pubblicistico che introducono limiti alle emissioni, di qualsivoglia natura, a tutela della collettività.

Il riferimento, evidentemente, va a tutte le normative vigenti in tema di attività imprenditoriali cd. pericolose finalizzate al contenimento dell’inquinamento ambientale.

A tal riguardo la tesi prevalente in letteratura, che trova ampio eco in giurisprudenza, ritiene che vi sia un interferenza relativa tra la normativa pubblicistica e quella privatistica di tutela avverso le immissioni intollerabili, nel senso che mentre il superamento dei limiti previsti dalla legge implica necessariamente l’intollerabilità dell’immissione, per converso il contenimento delle immissioni al di sotto della soglia prevista dalla legge non può escludere tout court l’applicabilità dell’art. 844 cod. civ., dovendo il giudizio di tollerabilità formularsi alla stregua dei criteri indicati dalla norma in esame (in questo senso cfr. Cass. Civ., sent. 25 luglio 2005, n. 17281; Cass. Civ., sent. 25 gennaio 2006, n. 1418).

La coesistenza e necessità di trovare un nodo di raccordo tra disciplina pubblicistica e privatistica ha delle ricadute sull’interpretazione del concetto di immissioni.

La tesi prevalente in letteratura ed anche in giurisprudenza, indubbiamente maggiormente aderente alla tesi dell’interferenza relativa sopra citata, effettua una tripartizione ritenendo illecite le immissioni che superano la soglia prevista dalla legislazione di settore; lecite ma intollerabili, le immissioni che non superano la soglia prevista dal legislatore pur tuttavia determinando un vulnus alla proprietà fondiaria limitrofa; lecite e tollerabili, le immissioni tali da cui i poteri di esclusione connessi alla proprietà fondiaria soccombono nel bilanciamento con le ragioni dell’immissione. Va da sé che in quest’ultima ipotesi nulla può pretendere il proprietario del fondo che subisce le immissioni in quanto lecite e tollerabili. Nelle prime due ipotesi si profilano differenti strumenti applicativi, oggetto di un fervido dibattito scientifico e giurisprudenziale. Si segnala altresì la tesi minoritaria, desueta in giurisprudenza, cd. teoria unitaria, secondo cui solo le immissioni lecite sarebbero riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 844 cod. civ., essendo, a contrario, le immissioni illecite avocate nell’alveo della tutela aquiliana.

Quanto, poi, all’oggetto delle immissioni è opinione largamente diffusa, ricavabile linearmente dal tenore letterale della norma, che il catalogo di cui all’art. 844 cod. civ. non costituisca un numerus clausus bensì un elenco esemplificativo, di modo che la norma risulti flessibile nell’applicazione a nuove categorie di immissioni di elaborazione giurisprudenziale.

Il giudizio di intollerabilità delle immissioni, in sede di esperimento della tutela giudiziale, deve essere condotto in concreto sulla scorta di dati tecnici oggettivi, di modo da escludere l’esperimento della tutela inibitoria e risarcitoria in presenza di mera intollerabilità soggettiva, tenendo conto delle condizioni dei luoghi ed all’eventuale priorità di un determinato uso.

Controverso il letteratura è l’inquadramento dell’azione inibitoria di cui art. 844 cod. civ., e cioè se questa vada ricondotta nell’alveo dell’actio negatoria ex art. 949 cod. civ., come vuole la tesi dominante, sostanziandosi nella “tutela di un diritto reale (…) attraverso l’accertamento in via definitiva dell’illegittimità delle immissioni ed il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per la loro cessazione” (cfr. Cass. Civ., sez. Un., sent. 15 ottobre 1998, n. 10186), riducendo l’applicativo dell’art. 844 cod. civ. alla tutela della proprietà nella sua pienezza; ovvero, per converso, se questa trattasi di un actio in personam cumulabile, eventualmente, con l’azione negatoria qualora la tolleranza avverso l’immissione possa integrare gli estremi dell’acquisto di una servitù per usucapione.

In vero la prevalente giurisprudenza configura l’azione inibitoria alla stregua di un azione reale, una species del più ampio genus dell’actio negatoria, non escludendo, al contempo, il cumulo con l’azione aquiliana, nelle ipotesi di illiceità delle immissioni.

Sul piano della legittimazione attiva e passiva, invece, la giurisprudenza ha ritenuto legittimato all’esperimento del rimedio inibitorio anche il titolare di uno ius in re aliena, come anche, sul versante passivo, il soggetto dal cui godimento del fondo altrui derivino le immissioni intollerabili.

Tuttavia tale ampia legittimazione, tipica di un actio in personam, incontra l’unico limite nell’adozione delle misure strutturali necessarie a rimuovere le immissioni, nel senso di escludere la legittimazione passiva di colui il quale ha il mero godimento del fondo ogni qualvolta che la riduzione delle immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità passi dal compimento di modificazioni strutturali della res. (cfr. Cass. Civ., sent. 22 dicembre 1995, n. 13069).

Una tesi dottrinaria minoritaria, che ha trovato isolato eco anche in sede di legittimità, ha ritenuto configurabile l’azione inibitoria ex art. 844 cod. civ. ai fini della tutela del diritto alla salute del proprietario del fondo finitimo, qualora dalle immissioni intollerabili consegua, in senso causalistico un danno biologico.

Si tratta di una tesi dottrinaria dei primi anni ’70 che aveva riscosso notevole successo presso certa giurisprudenza di merito, ottenendo qualche isolato eco anche in sede di legittimità nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale che, sul punto, ha ritenuto la tutela inibitoria ex art. 844 cod. civ. riconducibile tranchant alla tutela della proprietà dei fondi finitimi “senza riguardare, ma anche senza pregiudicare, la protezione di interessi diversi eventualmente spettanti anche ad altre persone o ad intere comunità” (v. Corte Costituzionale, sent. 23 luglio 1974, n. 274).

In tema di immissioni illecite, il punto di arrivo dell’evoluzione giurisprudenziale è rappresentato, come anticipato, dal cd. doppio binario, dell’azione reale inibitoria e dell’azione risarcitoria ex art. 2043 cod. civ., che consente di dare eco ad un interpretazione conforme al diritto internazionale, ed in particolare ai principi elaborati dalla Corte di Strasburgo circa l’interpretazione dell’art. 8 C.E.D.U..

Sull’onda di un interpretazione conforme a quell’impostazione della Corte E.D.U. secondo cui l’art. 8 che avrebbe in oggetto non solo il diritto alla protezione dell’area fisica, ma anche il diritto al tranquillo godimento della dimora, quindi, la giurisprudenza di legittimità in composizione nomofilattica ha ritenuto che dalle immissioni intollerabili ex art. 844 cod. civ. possano conseguire danni non patrimoniali, autonomi ed indipendenti da manifestazione morbose patologiche, di modo da apprestare tutela ai diritti, che trovano ristoro anche nella Carta Costituzionale, al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane (cfr. Cass. Civ., sez. Un., sent. 1 febbraio 2017, n. 2611).

Ciò posto veniamo alla forme di tutela esperibili secondo in base alla tripartizione seguita dalla della giurisprudenza di legittimità maggioritaria.

In presenza di immissioni lecite sul piano della normativa pubblicistica, si ritiene che, al fronte del giudizio di intollerabilità, condotto su base concreta secondo i criteri di cui al co. 2 dell’art. 844 cod. civ., la tutela del diritto del proprietario o del possessore del fondo finitimo si configuri alla stregua di una protezione indennitaria di identica ratio rispetto ad altre previste dal legislatore in tema di servitù coattive o espropriazione, e cioè una protezione uniformata alla valorizzazione del nesso eziologico tra limitazione del contenuto del diritto e rispondenza dell’attività da cui promanano le immissioni all’interesse pubblico, che si configura quale principio informatore della materia.

In tal senso, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto che “in tema di espropriazione, l’indennizzo di cui agli artt. 46 l. 25 giugno 1865 n. 2359 e art. 44 d. leg. 8 giugno 2001 n. 327 spetta se l’opera pubblica abbia realizzato una compressione del diritto di proprietà conseguente alla riduzione della capacità abitativa che può verificarsi sia per effetto di immissioni intollerabili di rumori, vibrazioni, gas di scarico e simili, sia in tutti i casi in cui il bene un’oggettiva ed apprezzabile riduzione della luminosità, panoramicità e godibilità, purché idonea a tradursi in un oggettiva riduzione del suo valore economico” (Cass. Civ., sez. I, sent. 3 luglio 2013, n. 16619).

In tema di immissioni illecite, invece, un orientamento minoritario vocato alla cd. tesi unitaria, ha ritenuto che una volta superata la soglia di tollerabilità fissata in via generale dal legislatore, è da escludere aprioristicamente l’operatività dei criteri di contemperamento e preuso indicati dall’art. 844 cod. civ., risultando la condotta di immissioni assorbita nel compimento dell’illecito civile secondo il paradigma dell’art. 2043 (cfr. Cass. Civ., sent. 10 maggio 2006, n. 10715).

Per converso, come si anticipava, la giurisprudenza prevalente ritiene ammissibile il doppio binario della tutela inibitoria ex art. 844 cod. civ., che si rileva strumento duttile ai fini dell’esperimento della tutela sommaria finalizzata all’emissione di un provvedimento urgente ex art. 700 cod. proc. civ., finalizzato a vietare le immissioni intollerabili adottando, se del caso, misure tecniche idonee a rimuovere il pregiudizio (cfr. Cass. Civ., sez. Un., sent. 15 ottobre 1998, n. 10186), e di quella risarcitoria, aquiliana ex art. 2043 cod. civ., nonché l’azione di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 cod. civ..

In conclusione, adottando l’impostazione maggiormente condivisa in giurisprudenza, avverso le immissioni illecite ed intollerabili, si apprestano due strumenti di tutela ontologicamente differenti e tra loro cumulabili.

Da un lato un actio in rem, la cd. azione inibitoria ex art. 844 cod. civ. finalizzata alla rimozione dell’intollerabile compressione delle facoltà connesse al diritto di proprietà; dall’altro un actio in personam, finalizzata ad apprestare tutela ad interessi costituzionalmente protetti che si assumono lesi dalle immissioni illecite.

Uno sguardo alla casistica giurisprudenziale, tuttavia, pone in risalto le peculiarità applicative dell’azione risarcitoria promossa in virtù del superamento del grado di tollerabilità delle immissioni, riconducendola all’alveo della responsabilità oggettiva, nel senso di ritenere integrato l’antecedente eziologico dall’oggettivo superamento della soglia di tollerabilità, in assenza di qualsivoglia indagine sull’elemento soggettivo.

Alla stregua delle superiori argomentazioni, la questione giuridica sottoposta all’esame dello scrivente verte nello stabilire se le immissioni sonore promulgate dall’autodromo Alfa, sprovvisto di accorgimenti per limitare l’inquinamento acustico, ove si svolgono competizioni sportive automobilistiche, oltrepassino la soglia di tollerabilità stabilità dalla legislazione, configurandosi quale atto illecito, ovvero per converso, pur mantenendosi al di sotto di tale soglia, l’interesse sotteso alla manifestazione sportiva in questione soccomba nel giudizio di contemperamento di cui all’art. 844 cod. civ.

Che le immissioni in questione siano riconducibili all’una o all’atra categoria è un fatto che deve accertarsi tramite il compimento di specifiche indagini tecniche finalizzate al rilevamento del valore in decibel delle immissioni sonore, da rapportare al parametro indicato dalla legge, tenendo conto dello stato dei luoghi e del rumore di fondo, ai fini del giudizio di contemperamento di cui all’art. 844 cod. civ.

In vero appare probabile che il prolungarsi nel tempo di emissioni sonore percepibili a distanza di centinaia di metri dall’autodromo integri gli estremi dell’immissione intollerabile idonea a legittimare l’attivazione dei poteri di esclusione dei proprietari dei fondi finitimi.

Come del resto, la circostanza che l’autodromo appare sprovvisto di strutture e strumenti idonei a prevenire l’inquinamento acustico, appare sintomatico di una condotta colposa idonea ad azionare la tutela risarcitoria.

Se così fosse, se le emissioni sonore in questione superassero effettivamente la soglia indicata dal legislatore, Tizio potrà esperire l’azione inibitoria ex art. 844 cod. civ. in via d’urgenza ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., finalizzata ad ottenere l’emissione di un provvedimento recante un ordine di facere a carico del proprietario dell’autodromo, e cioè l’obbligo di adottare le misure tecniche necessarie a ridurre l’inquinamento sonoro al di sotto dei limiti previsti dalla legge, fermo restando il diritto al risarcimento danno cagionato dall’emissione illecita al sereno godimento della dimora, da chiedere in separata sede secondo i canoni indicati dalla Sezioni Unite alla stregua di un interpretazione conforme ai principi di derivazione europea.

Viceversa, qualora in dato tecnico rassegnasse l’ipotesi opposta, e cioè qualora le emissioni sonore non superassero la soglia indicata dalla legislazione, Tizio potrebbe esperire l’azione inibitoria rimettendo alle cure del Giudice il bilanciamento degli interessi contrapposti, onde, nell’eventualità di un positivo giudizio di intollerabilità di tipo privatistico, accedere alla tutela indennitaria prevista in via generale in ragione del deprezzamento della proprietà fondiaria.

dott. Salvatore Tartaro

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