In fatto ed in diritto. Parere su quesito composito in materia di “Stabilizzazione lavoratori precari; tutela dei diritti del lavoratore precario.”
IL CASO:
Tizia lavora quale operatore di cat. A, a tempo determinato presso il Comune di Alfa. Viene assunta 28 anni fa quale LSU. Svolge servizio per anni presso l’Ufficio Carte d’identità e saltuariamente ha partecipato alle attività di censimento. Recentemente, in ragione della Legge Madia, il Comune di Alfa ha deliberato una procedura di stabilizzazione del personale precario con riferimento agli operatori di cat. A, agli istruttori amministrativi di cat. C ed istruttori direttivi cat. A. Tizia si rivolge allo scrivente per ricevere parere motivato in ordine alla possibilità di partecipare al suddetto avviso di selezione per stabilizzazione ed eventualmente promuovere gravame. In subordine chiede di individuarsi le modalità maggiormente opportune per ottenere un po’ di giustizia.
PARERE:
La questione giuridica sottoposta all’esame verte nello stabilire se al seguito del d. lgs. 75/2017 sussiste, per il lavoratori precari della p.a. assunti quali ex LSU/LPU, un diritto soggettivo alla stabilizzazione. Brevemente è opportuno accennare alla richiamata normativa. L’art. 20 prevede che “al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato”, le Pubbliche Amministrazioni “possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'art. 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale”.
La portata applicativa di tale norma, tuttavia, è soggettivamente limitata a tre categorie di soggetti. Possono essere assunti tramite procedura selettiva non concorsuale, in deroga al principio generale, quei soggetti che risultano assunti nel periodo successivo all’entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, con contratti a tempo determinato presso la stessa Amministrazione che promulga l’avviso di stabilizzazione; coloro i quali siano stati assunti a tempo determinato presso altre p.a., purché vi sia identità di mansione e coloro i quali abbiano maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, negli ultimi otto anni.
Ciò premesso secondo il prevalente indirizzo della Giurisprudenza Amministrativa, alla cui giurisdizione sarebbe devoluto il gravame avverso il presente avviso, l’art. 20 del d. Lgs. n. 75/2017, introduce una modalità di reclutamento alternativa al concorso pubblico e, dunque, la relativa disciplina deve essere interpretata in senso restrittivo.
Andrebbe, pertanto, privilegiata un’interpretazione strettamente letterale della norma che prevede tra i requisiti necessari per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori precari il precedente reclutamento a tempo determinato all’esito di una procedura concorsuale vittoriosamente superata. Indicazioni di segno contrario, peraltro, non possono desumersi neanche utilizzando il criterio interpretativo di tipo teleologico, considerata l’eccezionalità caratterizzante l’istituto in esame rispetto alla regola generale sancita dall’art.97 co.4 Cost.
Tutto ciò brevemente premesso è evidente che Tizia non ha diritto a partecipare alla procedura di selezione ritenuto che i soggetti avviati ai Lavori Socialmenti Utili non hanno partecipato ad alcuna procedura concorsuale di assunzione.
Tale conclusione non trova contestazioni valide, allo stato dell’arte, vista l’ampia casistica giurisprudenziale (v. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, sent. 26.06.2018 n. 1342), con la conseguenza che la stabilizzazione del personale precario LSU/LPU deve ritenersi rimesso alla potestà del legislatore.
Ritenuta pacifica la precedente conclusione v’è da considerare che Tizia, che lavora da anni 28 presso il Comune di Alfa, con contratto a tempo determinato, ha diritto a percepire il risarcimento del danno da precarizzazione della vita lavorativa.
Infatti al lavoro pubblico si applica la normativa prevista dall’art. 19 d. Lgs. 81/2015, recentemente novellato, il quale sancisce la durata massima del rapporto lavorativo in mesi trentasei, stabilendo che il lavoratore che presta attività lavorativa in violazione del suddetto regime ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno.
A differenza di quanto previsto dall’art. 32, co. 5 d. Lgs. 163/2010, nel T.U. sul pubblico impiego non è prevista alcuna norma che sancisce la possibilità per il lavoratore precario di ottenere la corresponsione di un indennizzo, con la conseguenza che il danno di cui si chiedeva il risarcimento dovere essere provato secondo gli ordinari criteri della giustizia civile.
Tuttavia, recentemente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, viste le notevole difficoltà probatorie, dirimendo l’annosa questione sorta in materia, ha enunciato il seguente principio di diritto “nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinalo da parte di una pubblica amministrazione, il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto (…) al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misura (…) pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (…)” (Cass. Civ., sez. un., sent. 15 marzo 2016 n.5072). Si rimanda a consulenza per l’istruzione della causa.
dott. Salvatore Tartaro